Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

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Tribuna congressuale

Tribuna congressuale

Il nostro partito, ha subito una sconfitta, forse letale per l’intera sinistra, su tre fronti:

  1.  l’incapacità di produrre cambiamenti nella politica del governo. Non cambiate le leggi 30,  Moratti e Bossi Fini. Non  cancellate le “leggi ad personam” (conflitto di interessi, TV, rogatorie internazionali, falso in bilancio) Fumata nera su laicità e  diritti civili sempre più aggrediti dai nuovi integrismi. E’ chiaro che questo significhi il fallimento dell’asse emerso dal congresso di Venezia : - possibilità per le spinte di movimento di incidere sulle scelte governative – certezza che il centro sinistra si sarebbe “spostato a sinistra” – errata valutazione sui rapporti di forza, nella realtà rimasti invariati, se non peggiorati, e sul rapporto con le parti progressiste della borghesia (una sorta di nuovo “patto dei produttori”, di amendoliana memoria).
  2.  L’involuzione del partito, della sua struttura, della sua moralità . Circoli asfittici, incapaci di inziativa politica, di elaborazione, di analisi del territorio e della realtè , scomparsa la pratica dell’autofinanziamento. Certo, esistono nodi strutturali (il declino della fabbrica fordista, le trasformazioni nelle città), ma vengono al pettine i nodi della teorizzazione (e pratica) del “partito leggero” . Paghiamo l’incapacità di differenziarci dalla “casta”, la perdita di una diversità da sempre orgoglio del movimento comunista. La politica come professione, la cooptazione dei dirigenti sono errori  dobbiamo cancellare e mai più riproporre.
  3.  Il tracollo elettorale aggravato dalla scelta, mai discussa nei circoli, dell’Arcobaleno, è frutto di presunzione, della volontà  di un superamento di Rifondazione, del totale distacco dalla realtà concreta, della colpevole incomprensione di tutte le sconfitte elettorali alle elezioni locali, dal 2006 in poi. Molte le assonanze con la scelta di NSU (1979), frutto della stessa logica (lista di movimento, superamento della struttura organizzata, teorizzata assenza di linea e di proposta politica). Mai, nella storia, una formazione si era dimezzata in un anno e ridotta ad un quarto in due.

 

La mozione dei cento circoli ha il merito di:

  •  esprimere la coerenza di chi, negli ultimi anni, ha tentato di evitare la deriva del nostro partito (pensioni, welfare, missioni all’estero, spese militari, precariato, peggioramento delle condizioni materiali, calo organizzativo, abbandono di ogni riferimento ad un marxismo non dogmatico)
    •  raccogliere posizioni che, all’ultimo congresso, si erano articolate su mozioni diverse e soprattutto di dare voce a circoli e militanti di base che, da tempo, hanno chiesto, invano, una ridiscussione delle scelte governative e il congresso straordinario
    •  proporre non un riposizionamento tattico, ma una prospettiva strategica, anche se certamente non semplice.

 

Le due mozioni maggiori, pur nelle loro differenze, emerse solamente dopo il voto, non mettono radicalmente in discussione gli errori compiuti e ripropongono, una in modo hard, l’altra in modo soft (la federazione), una prospettiva sconfitta. Per di più, l’unità  della sinistra deve tener conto delle prospettive delle altre formazioni:

  •  i Verdi, divisi tra chi guarda al PD e chi ripropone una formazione ambientalista, non interessata a ripetere alleanze con forze di tradizioni comunista
    •  Sinistra Democratica che ha subito due spaccature (verso i socialisti e il PD) e la cui impostazione su governo, PD, questioni internazionali, welfare ha differenze significative rispetto alle nostre

 

E’, invece indispensabile l’unità d’azione a sinistra, nell’autonomia delle forze che la compongono, su temi reali: -opposizione al governo di destra, -razzismo e omofobia crescenti,     -attacco alle condizioni di vita e ai diritti di chi lavora (linea Marcegaglia) – distruzione dell’ambiente –laicità e scuola –guerra e aggravamento della contraddizione nord/sud del mondo –pericoli incombenti sui diritti delle donne.

La ricostruzione di una forza comunista non è in contraddizione, ma è strumento, di questa unità,

riproponendo l’impresa politica che portò a Rifondazione comunista. Sono indispensabili:

  •  un bilancio autocritico sulla pratica di governo che analizzi le esperienze precedenti italiane e internazionali (PCF, Lula, fronti popolari)
    •  la comprensione che un processo di riunificazione deve interessare tutte le componenti, matrici, storie, culture che il movimento comunista ha espresso
    •  la piena accettazione di democrazia e pluralismo nella società e nel partito
    •  il rapporto dialettico tra partiti, movimenti, associazioni, gruppi e le mille modalità di fare politica presenti nella società.

Un legame con la nostra storia e la capacità di leggere trasformazioni ed emergenze (pace, ambiente, nuovi lavori e povertà, questione di genere) può contribuire a rilanciare opposizione sociale e conflitto.

Un buon risultato della mozione dei cento circoli può essere strumento per questo progetto ed evitare scelte prive di futuro.

Sergio Dalmasso

Consigliere regionale Piemonte